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F.to dim. 15x21cm
Pag. 64 a colori
prezzo eu. 5,00
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Info e prenotazioni: pentagono@granducato.com

L’acquedotto di Colognole ha rappresentato, per circa un secolo, la principale fonte di approvvigionamento idrico della città di Livorno. Costruito per volontà del granduca Ferdinando III a partire dal 1793, i suoi lavori si protrassero per alcuni decenni e videro l’apporto di diversi progettisti. Fu però Pasquale Poccianti, subentrato alla guida del cantiere nel 1809, a legare il suo nome a quello dell’acquedotto, realizzando tre vasti serbatoi: il “Purgatorio” di Pian di Rota, la Gran Conseva di Riseccoli, o Cisternone, e il Cisternino di città. Tenendo fede all’ideale, tipicamente ottocentesco, di decoro e pubblica utilità, Poccianti curò non soltanto gli aspetti tecnici e funzionali dei vari manufatti, ma li rese elementi di ornamento per la città. Emblematico, in proposito, il caso del Cisternone, costruito tra il 1828 e il 1842, la cui facciata, schermata da un portico di otto colonne tuscaniche, esibisce una suggestiva cupola sezionata decorata a cassettoni, in cui trapelano chiari rimandi all’archeologia e all’architettura rivoluzionaria francese di fine Settecento. Il Cisternone, che sin dagli anni cinquanta del Novecento ha destato l’attenzione della critica internazionale, diviene quindi l’elemento di spicco dell’intero acquedotto, monumentale porta di accesso alla città e punto di partenza, di fatto, della passeggiata per le sorgenti di Colognole. Ecco perché la lettura di questo monumentale serbatoio, ancor oggi funzionante, non può prescindere dall’analisi di tutta l’opera dell’acquedotto, di quel complesso che si snoda per circa diciotto chilometri nella campagna livornese per mezzo di ardite gallerie ed eleganti viadotti intervallati da piccoli tempietti di gusto neoclassico. Un’opera straordinaria, che attende di essere riscoperta e valorizzata nella sua interezza per rinsaldare, oggi più che mai, il legame tra un territorio e la propria memoria, restituendo alla città un prezioso tassello della sua identità storica e culturale.
Stefano Ceccarini


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